Quella di “andar par erbe” resta una consuetudine antica, ancora molto diffusa tra le campagne del basso veronese lungo i fossi o l’argine e le golene dell’Adige. C’è chi le cerca per scopi terapeutici e chi per uso alimentare. Dal resto la cucina veronese è ricca di piatti a base di erbe, diventati anche proposte all’insegna della tradizione da parte di alcuni ristoranti. La più comune e diffusa, a scopo alimentare, è il tarassaco, noto anche come dente di leone, “brusa-oci” o “pissacani” che è la verdura più raffinata, gustosa e sana che la natura primaverile offra. Ben lavate e private della parti gialle, si gustano lessate o passate al tegame, magari con olio e pancetta. Il sapore amarognolo permette tagli con altre erbe più dolci, rendendo assai saporito il contorno. L’acqua di cottura è poi un ottimo depurativo per l’intero organismo. Nelle siepe, lungo i fossi o nei luoghi incolti abbonda il luppolo , popolarmente bruscandolo, i cui germogli prevedono un utilizzo simile agli asparagi. E non si può tralasciare l’ortica, alimento di prim’ordine che meriterebbe un posto più importante a tavola, soprattutto in primavera, prima che le foglie induriscano. Utilizzando i germogli possono essere mangiate come minestre con l’aggiunta di patate, o cotte come gli spinaci. Il piatto più comune è il risotto con le ortiche. E’ ricca di principi azotati, sali minerali, ricca di ferro e vitamine ha virtù depurative. La raccolta delle foglie si pratica da marzo a giugno ed in settembre e ottobre quando i rigermogliano. Dell’ortica si utilizzano principalmente foglie e giovani germogli, da utilizzare freschi. Se pur meno frequenti si possono, ancor oggi, trovare le “sparasine”: polloni degli asparagi selvatici che crescono abbondanti nei terreni incolti sempre in primavere e che vengono usati come i bruscandoli; i “sgrisoli” o “schioppetti”: sono le giovani piantine di silene (silene vulgaris), delle quali vengono utilizzate le foglioline in apice per preparare dei delicati risotti. “Rosole”, “rosoline”: germogli del papavero campestre simile al tarassaco dalle foglie pelose. Con un trito di cipolla, alcune manciate di foglie di papavero e una spruzzata di vino bianco si ottiene un risotto gradevole e leggero da servire con abbondante grana padano.