LA CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO
Due sono i luoghi di culto di grande interesse per il territorio di Angiari: l’oratorio di Santa Croce e la parrocchiale intitolata a San Michele Arcangelo. Il piccolo oratorio è ricordato per la sua posizione e per il ruolo che rivestì in alcuni periodi alquanto critici per la comunità di Angiari, La prima menzione dell’oratorio di Santa Croce si ha in un testamento del 1523, di un certo Giacomo fu Pietro di Angiari, ricco e fortunato commerciante veronese di stoffe. La parrocchiale invece così come oggi noi la vediamo, è di recente costruzione. Andò infatti a sostituire il vecchio tempio abbattuto nel 1751.
Interessante è scoprire come esso fosse già stato ristrutturato più volte e come, in occasione di una visita pastorale avvenuta nel 1460, fu trovato in condizioni talmente precarie da ordinarne l’immediato restauro. Diversi furono comunque i documenti legati al luogo di culto di Angiari e agli altari che lo adornavano intitolati al Corpo di Cristo, alla Madonna, ai Santi Innocenti con San Giovanni e San Bernardino. Lavori di sistemazione della vecchia parrocchiale ci riportano al 1695 e poi via via negli anni, fino ad arrivare al 1728, quando si sistemò il maestoso e solenne altare maggiore.
Ma com’era la vecchia chiesa prima della sua demolizione? Da una descrizione risalente a pochi decenni prima dell’abbattimento, risultava addossata al fiume Adige e soffriva di umidità tanto che gli olii santi si conservavano in un luogo appositamente scavato per evitare si rovinassero a causa della troppa umidità presente. Essa era disposta su tre navate, terminava con il presbiterio absidale chiuso da una balaustra in marmo.
Già allora la chiesa versava in uno stato precario e anche se venne temporaneamente sospeso il decreto di demolizione voluto per garantire la sicurezza degli abitanti, si sapeva che si sarebbe dovuto procedere alla sua demolizione. Furono le piene dell’Adige a decretarne la fine, specie quella del 1748 che vide il parroco celebrare l’ultima messa tre anni dopo l’allagamento del centro storico del paese. Nel 1753 venne posta finalmente la prima pietra ed in breve non solo l’edificio raggiunse una certa altezza, ma fu pure avviata la costruzione della facciata. I lavori continuarono anche negli anni successivi tanto che nel 1758 risultavano quasi terminate le quattro cappelle laterali e venne trasferito l’altar maggiore. Nel 1762, il vescovo di Verona concesse al parroco di benedire la propria parrocchiale. Furono necessari altri anni per completare i lavori come: parte del pavimento, dell’intonaco, della cornice alle pareti, e altri; ma la nuova chiesa era già frequentata ed in essa si officiava regolarmente. Dei quattro altari presenti, tre sono originali e riconducibili alla vecchia chiesa, quello di Santa Teresa, quello di San Giuseppe e quello della Madonna del Carmine, in precedenza del Corpus Domini, della Madonna del Rosario e la Madonna della Cintura, il quarto, anch’esso proveniente dalla vecchia parrocchiale e in origine dedicato al Nome di Cristo, venne quasi completamente ricostruito e dedicato al Sacro Cuore.
Tra le opere d’arte è da annoverare una statua lignea del quindicesimo secolo posta sull’altare intitolato alla Madonna del Carmine; dietro l’altar maggiore nell’ovale dipinto, vi è raffigurato san Michele Arcangelo mentre sconfigge il demonio databile alla seconda metà del Settecento. Vi sono pure un Cristo con la croce, angeli e Padre Eterno presumibilmente dipinto dopo il 1569, ed una Circoncisione di Cristo, i santi Bartolomeo e Antonio Abate e due committenti attribuita a Giovanni Battista Rossi detto il Gobbino che operò verso la metà del 1600.
Oratorio di Santa Croce
Di recente, grazie all’operosità e l’impegno di alcuni cittadini costituitesi in comitato, l’oratorio di Santa Croce è tornato alla sua gente, bello e restaurato. Per più di vent’anni, infatti, il luogo di culto era rimasto chiuso, dimenticato e abbandonato, con il rischio di crollare e di perdere una delle testimonianze più antiche del paese di Angiari. E pensare che sostituì persino la chiesa parrocchiale intitolata a San Michele quando, verso la metà del ‘700, le acque dell’Adige rovinarono completamente il luogo di culto obbligandone la ricostruzione.
La prima menzione dell’oratorio di Santa Croce si ha, secondo alcuni studiosi, in un testamento del 1523 di un certo Giacomo fu Pietro di Angiari, ricco e fortunato commerciante veronese di stoffe. Egli fu, con molta probabilità, uno dei fondatori delle fortune economiche della famiglia degli Angiari, la quale fece un lascito in denaro alla chiesetta della località da cui provenivano alcuni suoi antenati. Possiamo quindi dire, con una base di certezza, che l’oratorio venne eretto agli inizi del 1500, data confermata pure in occasione della visita pastorale di monsignor Matteo Giberti nel 1529 e in quelle successive nelle quali viene ricordato con il titolo di Santa Maria della Croce asserendo che il luogo di culto non disponeva di alcun bene in quanto governato da una società in onore della Vergine.
Si hanno notizie di altri lavori nel 1541, mentre si suppone che l’oratorio avesse già tre altari. La visita del 1611 ci dice della loro intitolazione e, in particolare, di due di essi: il maggiore alla Madonna e quello della famiglia Parma Lavezzola alla Vergine della Neve; il terzo era invece senza titolo.
A metà del Settecento, l’altare maggiore, dedicato alla Beata Vergine delle Grazie, era in marmo ed era governato dall’omonima confraternita mentre i due altari laterali erano in legno: uno, intitolato alla Sante Lucia e Apollonia, apparteneva ai Parma Lavezzola, l’altro, dedicato a San Rocco, era della comunità. Nella seconda metà del 1700, i momenti più importanti per l’oratorio coincidevano con la festa della Santa Croce, agli inizi di maggio, e la Natività della Vergine l’8 settembre. A dare l’idea dell’importanza di queste solennità religiose, il 6 maggio 1804 a concelebrare nell’oratorio erano intervenuti ben 11 sacerdoti fra cui i parroci di Orti, Carpi e Aselogna. Dopo un periodo di chiusura, oggi l’oratorio è tornato ad ospitare cerimonie religiose e, ai visitatori interessati, si presenta con una singolare facciata a capanna posta sul lato sinistro dell’aula che ha sostituito quella originaria, occultata da una casa un tempo abitata dal cappellano. Dello splendore degli arredi interni rimane una pala d’altare del ‘600 raffigurante la Madonna con i Santi Filippo e Giocondo mentre, sulle pareti, sono ben visibili i dipinti del ‘500 di modesta fattura. Da segnalare, poi, un altare maggiore in marmi policromi del ‘600 e un piccolo altare in legno del ‘500.