La vasta area delle Valli Grandi Veronesi, compresa all’incirca tra il corso dell’Adige del Tartaro e del Po, è solcata da vari corsi d’acqua e da una complessa rete di canali e di scoli, si presentava un tempo ricoperta di paludi, formate dall’eccessiva abbondanza di acque che non trovavano deflusso a causa della scarsa pendenza della pianura, specialmente in direzione ovest est; l’opera di regimentazione delle acque già perseguita dalla Repubblica Veneta, soprattutto per la manutenzione delle vie navigabili, ebbe il suo momento saliente e decisivo a partire dalla seconda metà del XIX secolo, quando si pose mano alla definitiva bonifica delle Valli Grandi; ora solo delle ristrette fasce a ridosso del corso del Tartaro vecchio sono rimaste paludose e presentano la vegetazione tipica delle zone umide: canna palustre, carici, tife, menta acquatica, sparganio, lenticchia d’acqua, salvinia natans, morso di rana, ceratofillo ed esemplari di salici.
Sotto il profilo faunistico si segnala la presenza di anitre, passeriformi, gallinelle d’acqua, cannaiole.
L’area delle Valli Grandi Veronesi fu abitata dall’uomo in epoche remote e riveste un grande interesse dal punto di vista archeologico. Vi si conservano infatti consistenti testimonianze risalenti prevalentemente all’età del bronzo.
Sovente le stesse località che hanno restituito materiali e testimonianze databili all’età del bronzo risultano successivamente occupate in età romana da numerose ville e insediamenti rustici all’interno di un agro centuriato di cui sono riconoscibili numerose tracce.
Si ricordano in particolare l’insediamento preistorico di Fabbrica dei Soci (Villa Bartolomea), dell’età del bronzo, che era probabilmente circondato da due rami di un corso d’acqua, la necropoli di Franzine (Villa Bartolomea), che rappresenta il nucleo di sepolture più consistente per quanto riguarda l’Età del Bronzo medio-recente, sui quali insistono resti di insediamento romano; la villa rustica romana a vari ambienti di Venezia Nuova (Villa Bartolomea) e l’insediamento romano di Val Nova a Castagnaro.
I siti e i dossi consolidati e muniti durante l’età del bronzo per preservarli e bonificarli dalle acque circostanti furono nuovamente frequentati e riutilizzati dai Romani che intervennero con un più ampio disegno di controllo del territorio.
La lettura delle foto aeree consente infatti di riconoscere la presenza delle maglie della centuriazione romana, databile dalla fine del I secolo a. C. alla metà del I secolo.
Nell’area della centuriazione è visibile il tracciato di una strada romana, affiancata da fossati laterali; che dalla località La Torretta procede verso nord est, si biforca nei pressi della località Verme e con un tronco punta verso est, in direzione di Corte Massaua, mentre con un altro tronco, meno evidente, si porta in direzione di Venezia Nuova.
Un altro sito che riveste particolare interesse archeologico è rappresentato da Il Castello del Tartaro, in Comune di Cerea, abitato di tipo terramaricolo dell’Età del Bronzo, circondato da un vallo, di cui viene data descrizione nella relazione della fascia riguardante il fiume Menago.
Come si è detto la bonifica delle Valli Grandi Veronesi è di recente data: le cartografie storiche dal XV secolo fino alla prima metà dell’Ottocento rappresentano infatti la zona a palude e canneto; nelle più antiche cartografie la segnalazione di postazioni militari quali torri e bastioni inseriti in tale ampio territorio incolto invaso dalle acque, è rivelatrice della valenza difensiva che questa vasta area paludosa poteva rivestire.
Fra i siti fortificati esistenti qui un tempo si segnala in particolare quello de La Torretta, alla confluenza in Tartaro del canale Nichesola, citato per la prima volta in un documento del 1445, dove era situato il bastione della Crosetta, che faceva parte del sistema difensivo facente capo a Legnago e nei cui pressi è stato rinvenuto abbondante materiale ceramico di particolare interesse, databile a partire dalla fine del XIV secolo. L’area, nella cartografia della prima metà del Settecento, era indicata come paludosa.
Ora la campagna coltivata offre un verde riposante paesaggio in cui campi di mais, cereali, tabacco, foraggio, risaie si susseguono fra le verdi quinte delle cortine arboree.
Il recente recupero delle Valli Grandi Veronesi all’agricoltura spiega anche la scarsa diffusione nell’area della villa veneta e di nuclei rurali sparsi.
Molto interessanti si rivelano invece le strutture insediative sviluppatesi tra l’area delle Valli Grandi, che rappresenta ancor oggi la più vasta distesa libera della pianura veneta e l’argine destro dell’Adige.
I siti, che qui si susseguono con continuità, presentano stretti legami con la presenza fluviale racchiudendo al loro interno funzioni connesse con la navigazione, la difesa dalle acque mediante opere idrauliche e ospitando attività produttive legate allo sfruttamento dell’acqua come forza motrice.
Un interessante esempio di tipologia insediativa a doppio pettine è dato da Villa Bartolomea, un tempo percorsa da un canale centrale, dove si susseguono lunghe schiere di case con orto.
Un andamento lineare presenta anche la villa veneta di Borghetto di Villa Bartolomea, che con le barchesse e le pertinenze forma una struttura aperta, referente spaziale per la borgata rurale.
Per quanto riguarda Castagnaro, dove in periodo medievale esisteva un castello, le continue vicende delle rotte, sia naturali che gestite, hanno condizionato e modellato lo sviluppo dell’insediamento, evidenziando la correlazione tra la presenza di opere idrauliche e l’organizzazione abitativa.
Importante manufatto idraulico per la distribuzione delle acque nel territorio è la chiusa denominata Ponte della Rosta, in località Rosta di Castagnaro, costruita per regolare l’afflusso delle acque dell’Adige nel canale Castagnaro. Numerosi sono peraltro nell’area esaminata i manufatti idraulici connessi all’epoca della bonifica.