Un altro dei fiumi che caratterizzano quest’area è il fiume Tartaro, che dalla media pianura veronese volge verso Sud e che, nel comune di Gazzo Veronese, congiunge le proprie acque a quelle del fiume Tione.
Sono luoghi particolarmente ricchi di risorgive e fontanili che sovente originano minuscoli e trasparenti laghetti. La grande abbondanza di acque ha prodotto frequenti fenomeni di impaludamento che sono stati oggetto di numerose opere di bonifica, inizialmente attuate da parte di monasteri benedettini, sia veronesi che esterni alla provincia per arrivare ai nobili veneziani che introdussero su larga scala in queste terre nella seconda metà del ‘500, la coltivazione del riso.
Non sempre e non dovunque le aree paludose e le acque del Tartaro furono però soggette ad opere di regimentazione e bonifica perché in alcuni casi il loro divagare forniva un utile sistema di difesa contro le invasioni nemiche; le zone erano infatti terre di confine e poco appetibili per entrambi i confinanti. Fra le paludi ancora esistenti si segnala, alla confluenza del Tartaro nel Tione, la palude del Busatello, lembo “umido” residuo tra i più significativi della provincia di Verona.
Un tempo la palude era alimentata dal Fiume Tione; dopo la sua rettifica essa riceve l’acqua dalle canalizzazioni dei fondi circostanti attraverso due idrovore mentre più a Nord, nel comune di Isola della Scala, troviamo la palude di Pellegrina, che riceve per scorrimento naturale l’acqua del Tartaro. Numerosi sono infine i mulini, le rogge, le chiuse e i ponti presenti nel territorio di Gazzo Veronese. Il Tartaro, oltrepassati questi comuni, prosegue il suo percorso lambendo Cerea e Casaleone per arrivare a conoscere Legnago, Villa Bartolomea e Castagnaro accanto al canale “gemello” chiamato Fossa Maestra.