Il bollito misto era, un tempo, il piatto delle grandi feste, come Natale e Capodanno. Dimenticato o accantonato negli anni del boom economico, ora i veronesi lo stanno riscoprendo ed è tornato ad essere uno dei piatti forti della tradizione gastronomica veronese ma, soprattutto, del Basso Veronese. Nel 1897 il bollito arriva sulla tavola dei nobili e dei borghesi e si arricchisce di ben sette tagli di carne di bue, vitellone: punta di petto, costata reale, coscia, spalla, noce , parte di muscolo e sottopancia. Sono proprio i tagli diversi che, insieme, assicurano il giusto equilibrio di magro e grasso, tenerezza e consistenza, sapore tenue e deciso, che fanno la grandezza del bollito. Il lesso deve contenere oltre manzo e vitello anche gallina, lingua salmistrata e cotechino. Il completamento del piatto è dato dalla pearà, una salsa preparata con pane grattugiato, brodo, midollo di bue, burro e una generosa dose di pepe nero che le conferisce il caratteristico sapore piccante. Durante la cottura è obbligo evitare che si formino grumi: la pearà una volta pronta deve avere la consistenza di una salsa cremosa. Per ottenere un giusto risultato è consigliabile lasciare bollire la pearà molto lentamente sul fuoco per due ore. Durante la preparazione si controlla la consistenza aggiungendo brodo o pane grattugiato o pepe. Oggi la preparazione di questo piatto cambia da paese a paese, diversificandosi addirittura nei vari nuclei familiari, portando alla creazione di numerose varianti, tutte gustose e legate a d una tradizione tutta veronese. Altra salsa che veniva accompagnata alle carni bollite è il cren. Per prepararla si usa la radice del cren, cioè il rafano, che grattugiato viene trasformato in una salsa molto piccante con l’aggiunta di aceto.