L’uso principale del riso rimase fino a buona parte del Cinquecento come legante di zuppe e minestre, dopo essere stato pestato in un mortaio e ottenuta una morbida e soffice farina. Il riso iniziò ad essere considerato alimento popolare quando, accresciutane la produzione, fu liberalizzato dai dazi e gabelle diminuendone il prezzo alla vendita.
La sua introduzione nella dieta delle famiglie fu come componente in zuppe e minestre, unito a verdure, raramente con la carne. Il riso fu considerato importante fonte di nutrimento anche grazie alle opere del medico senese Pier Andrea Mattioli (1500 – 1577) che, nei suoi scritti di igiene alimentare, inserì anche un’approvazione delle sue virtù, come la facile digeribilità. Nel Seicento il riso era consumato da tutti, anche se mescolato con altri cereali, come il miglio e la segale nelle zuppe e nelle farine di pane.
Con il continuo aumento della produzione di riso crebbe anche la sua popolarità. Sulle tavole comparivano scodelle piene di brodo caldo con affioranti chicchi di riso, che vagavano fra verdure di stagione, più o meno numerosi secondo le possibilità economiche della famiglia.
Risotti quindi abbinati a tutto quello che potevano offrire il campo, l’orto, il cortile e l’aia, dando addito al detto: “riso, sedano, pomodori gran risoto da siori”. Il risotto, denso, cremoso, morbido, sgranato diventa un piatto ricercato, ricco di sapori, unito a carni, intingoli, verdure fresche e pesce, ma anche semplice, appena insaporito con formaggio ed erbe aromatiche.
Oltre alla tradizione letteraria, la realizzazione di risi cotti con consistenza non liquida, si trova legata a quel mondo rurale d’incontri conviviali alla fine dei raccolti, le galzeghe, occasioni che riunivano in tavolate all’aperto nelle corti agricole o nelle barchesse paron, laorenti, famedi, e curatore (padroni, salariati, famigli e mondine). Questi momenti, poco annotati in scritti d’epoca ma ben presenti nella tradizione contadina, erano per molti l’opportunità si sfamarsi e, per l’occasione, gli addetti alla preparazione e somministrazione dei cibi non operavano economie.
Nelle “galzeghe” di fine raccolta del riso era il riso stesso ad essere servito, piatto principale e unico,che, secondo tradizione, era cotto velocemente, riso a la scapadora (fatto in fretta), e asciugato nella pentola, un metodo di cottura ora chiamato “all’inglese”, dove si bolliva il riso in acqua con sale rimestando per tenere il riso staccato e, alla fine, era la cipolla imbiondita nel burro ad essere unita con il festeggiato cereale riso cotto co la zeola, riso cotto con la cipolla.
Quasi certamente per questi primi risotti delle galzeghe non era utilizzata la migliore produzione di riso, ma venivano usati i chicchi recuperati dalla lavorazione.