Tra gli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, quando Sanguinetto era sede di Pretura, le strade comunali erano ancora tutte bianche e andare a piedi da Sanguinetto a Concamarise o a Bionde e infine fino a Cerea era normale fatica, viveva un uomo di cinquant’anni che, devoto alla Madonna, andava di casa in casa a raccogliere offerte da portare in cinque santuari mariani: Lendinara (Rovigo), Comuna (Mantova), Grazie (Mantova), Corona (Verona) e Berico (Vicenza) in occasione delle varie festività.
Ciccio, questo era il suo nome, era un omino munito schivo e taciturno, molto religioso e dai costumi irreprensibili; buono e mansueto raccoglieva la sua questua sempre accompagnata da qualche piatto di minestra che la bonomia del tempo, elargiva a chi chiedeva la carità “par amor de Dio”.
Si incontrava di sovente lungo le strade della Bassa, sempre mattiniero, con andatura di buon passo, un rosario in mano ed un buongiorno suadente per tutti quelli che incontrava.
Non si può dire con certezza se questa sua attività configurasse un vero e proprio mestiere per Ciccio, o se fosse il frutto di un voto o di qualche altra promessa devota. Come che sia lui non negò mai di detrarre le spese vive dalle questue che puntualmente portava al santuario in festa insieme a tante corone di Ave Maria che egli recitava in ginocchio davanti all’altare della Vergine.
Tra le tante virtù di Ciccio forse però c’era un piccolo neo: la Canolara. Il nomignolo derivava dalla trasposizione dialettale del termine latino “cannula” che indicava la spina necessaria ad estrarre il vino dalle botti e identificava una venditrice di oggetti in legno di vario tipo, necessari per usi domestici.
Veniva a piedi, si dice dalla Val del Piave, perché buona parte del materiale usato per costruire gli arnesi che vendeva, era fatta con il legno di piante che si trovavano soprattutto sul greto del fiume Piave. Arrivava in paese trainandosi dietro un piccolo carrettino e visitava tutte le case e le corti che da lei si rifornivano di queste suppellettili lignee.
Era facile, pertanto, che i tragitti di Ciccio incrociassero i percorsi della Canolara, anzi certamente così avveniva, tanto che a lungo andare qualcuno cominciò a sottolineare la possibilità o addirittura l’opportunità di un felice connubio. L’idea era andata lentamente echeggiando di casa in casa tanto che se ne erano impadroniti addirittura i bambini i quali, giocando sui sagrati delle chiese, costituivano quella massa anonima di tutti e di nessuno, sempre pronti a prendersela, cioè a cojonar, i più deboli, cosa che offendeva Ciccio e, sola, riusciva a trasformarlo in una furia. Ciccio allora arrivava alla parolaccia quando i giovani in modo irriverente gli gridavano: “Ciccio … la Canolara” ed il poverino, rosso come un gambero ed inviperito rispondeva “baséghe la petara”.
Forse oggi Ciccio è diventato più amabile con la Canolara tanto da aiutarla a trainare i carrettino, che sarà tutto d’oro, per le luminose vie del cielo.
Storia raccontata da Pierfrancesco Ferrarini.